Da una città ad un Ecovillaggio per imparare a vivere insieme ad una comunità. Come sarà? Quali sfide e quali opportunità nasceranno da questa esperienza di vita? Seguo le orme di altri sognatori per capire se è possibile superare l’individualismo e collaborare alla creazione di uno stile di vita diverso. Migliore? E’ tutto da scoprire!
Vivere insieme: provare per credere
E’ davvero giusta ed umana una vita passata in un appartamento condominiale di città o in una villetta di un quartiere solitario? Sicuramente!
La città è ricca di opportunità di lavoro, di stimoli e di passatempi. La villetta è tranquilla e silenziosa, un rifugio dallo stress degli affari. Per moltissimi sono luoghi ideali, dove studiare, crearsi una famiglia, lavorare. Per altri sono semplicemente i luoghi dove sono nati, cresciuti e in cui sono abituati a vivere. Qualcuno, forse, si lamenta di una certa solitudine, della fatica nel trovare relazioni autentiche, di una certa indifferenza se non insofferenza nei confronti dell’altro, dello stress della carriera e dell’ansia di competizione.
Eppure non è forse comodo questo individualismo? La possibilità di concentrarsi solo sulla propria crescita personale, sulla valorizzazione dei propri talenti e la ricerca della propria felicità?
Si, è comodo. E poi, quel disagio nello stare con gli altri, anche quando punge un po’, è facile da superare: si compra, si spende (si mostra), ci si diverte, non ci si pensa più…almeno per un po’.
Perché alcuni non si vogliono accontentare?
Perché alcuni non trovano soddisfazione nella sicurezza di un raro lavoro “a tempo indeterminato” o, caliamo la posta, di “un buon impiego” magari proprio nel ramo di studi che li ha portati ad una sudatissima laurea?
Come mai alcune persone sentono la solitudine del “buongiorno-buonasera” rivolto al vicino di casa, quando un cortese saluto evita di venire risucchiati dai problemi della figlia, della nuora, del nipote, del gatto e della pianta che gocciola?
Per quale motivo alcuni non riescono ad accettare che si può, anzi si deve, pensare al profitto individuale, allargato alla propria famiglia, che tanto “ognuno pensa per sé” e impegnandosi a competere e primeggiare, raggiungere il benessere economico e sociale?
La sfida: crederci davvero!
I sogni dovrebbero smorzarsi con l’adolescenza, contenersi con l’ingresso nel mondo degli adulti e infine arrendersi, più o meno con l’accensione del mutuo o l’arrivo del primo figlio (che se poi arrivano insieme è proprio l’estinzione).
Qualcuno dice “no” e vuole credere che si possa lavorare insieme per un progetto comune, più grande, più bello. C’è chi crede che gli esseri umani possano collaborare, non solo competere e preferisce (matto incallito!) non diventare mai ricco ma avere più tempo…per gli affetti, la cura di sé, le buone conversazioni, la lettura e la musica improvvisata. Qualcuno crede che ci si possa fidare e guardare l’altro come un altro sé. Altrettanto incasinato nel vivere la propria vita. Questo “qualcuno” nel tempo ha avuto tante etichette, legate al periodo in cui è vissuto: sognatore, utopista, hippy, comunardo.
Chi ha sfidato il sistema, ci si è scornato, ha idealizzato il suo sogno, l’ha rinnegato, l’ha rielaborato. In ogni caso l’ha passato alla generazione successiva. Un’eredità antica, perché quello di vivere insieme non è mai rimasto solo un sogno ma ha sempre cercato di concretizzarsi in esperimenti sociali in costante tensione trasformativa.
Oggi alcuni di questi esperimenti prendono il nome di Ecovillaggi, dall’inglese ecovillages https://ecovillage.org/
Sono sparsi in tutto il mondo, diversi tra di loro ma con alcune caratteristiche comuni, tra cui quella di essere comunità intenzionali, ovvero luoghi abitati da persone che scelgono di vivere insieme anche se non sono necessariamente parenti.
Ed ora….si inizia!
Cosa c’entra tutto questo con me? Semplice (si fa per dire!) sono una delle tante persone che ha scelto di fare questa esperienza. Di capire come un sogno possa prendere le forme di una realtà.
La mia è la sfida di una donna e mamma di due bambine, vissuta per 36 anni ai bordi di una bella metropoli, incapace di ignorare quel senso di disagio relazionale, con la mente e il cuore pieni di ricordi non suoi ma dei nonni, quelli che la comunità non l’avevano scelta ma l’hanno dovuta vivere per sopravvivere. Non sono una hippy ma forse un po’ naif e sicuramente una che sui libri si trova a suo agio e che con una tesi di laurea sulle comunità intenzionali ha cercato di capirci qualcosa.
E poi? E poi capendo di non capire e con la sensazione di essere un Nemo che esce dall’anemone per nuotare nel vasto oceano (“Era ora!!!” direbbe Nina), sono giunta qui, nell’ecovillaggio che ho studiato.
Ed ecco che tutto quello che sono si incontra e si scontra con una realtà pulsante, intrecciata come i vicoli delle case in cui viviamo, sempre in movimento, talvolta caotico (chi è che crede che gli ecovillaggi siano luoghi di pace e tranquillità??) e sempre denso di vita. Le mie percezioni cambiano ma non questa voglia di riflettere…nel cambiamento.
Se esistano altri sognatori (la Storia dice di sì), altri che non vogliono ignorare il disagio ma trovare soluzioni concrete, altri che non hanno mai vissuto in una comunità, come me ma che si chiedono se può essere una soluzione o parte di una soluzione, altri Nemo a cui queste riflessioni possono servire per esplorare nuove realtà….benvenuti su queste pagine, è appena iniziato un anno di prova di un’aspirante comunitaria!
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