Cosa è successo e cosa sta succedendo all’Ecovillaggio di Torri Superiore durante il periodo COVID? Una riflessione scaturita da questi mesi di sospensione, si trasforma in alcune domande chiave. A rispondere Lucilla Borio che qui vive da più di venti anni, per ricordare il periodo eccezionale. Dalle prime notizie, ai cambiamenti difficili ma necessari per tutta la comunità, ai nuovi sviluppi. Le domande, infatti, vogliono anche provare ad indagare il futuro, in questi tempi di incertezza, per aprirsi a nuove possibilità.
Lucilla, come ha reagito la comunità al manifestarsi delle prime informazioni sul covid? Quali misure sono state adottate?
La prima reazione è stata di scetticismo, sembrava una cosa impossibile e per diversi giorni a inizio marzo siamo stati in osservazione di quello che accadeva con un certo distacco.
Io ero stata a Milano per tenere un corso di facilitazione il 22 febbraio, già si sentiva nell’aria che stava succedendo qualcosa di assurdo ma era davvero inconcepibile che potesse avere l’impatto che ha poi avuto. Ci sentivamo comunque al sicuro nel nostro villaggio un po’ isolato, anche se per due settimane io sono stata un po’ in ansia per vedere se mi venivano i sintomi.
Poi le scuole chiuse ci hanno dato il senso della gravità della cosa. Abbiamo discusso molto i primi giorni, abbiamo qui anche dei volontari appena arrivati, e abbiamo fatto diverse riunioni di ascolto dei bisogni e delle paure di tutti. Il dibattito interno sulla natura della pandemia è sempre stato molto vivace, ci sono posizioni diverse tra evento naturale e complotto mondiale, ma nessuno è certo di nulla e ci si ascolta con interesse e curiosità reciproca, con rispetto.
Ci siamo autoprodotti delle mascherine multistrato per poter almeno uscire a fare la spesa, e autolimitati nelle uscite al minimo possibile.
Quale è stato l'impatto sulla vita sociale della comunità? Come interpretare le norme governative pensate per famiglie nucleari in città, sulla realtà di una comunità intenzionale che condivide spazi comuni? Come è stato vissuto dalla comunità?
Subito dopo la chiusura abbiamo deciso di chiudere le sale da pranzo della struttura ricettiva, e come cooperativa di sospendere il comodato d’uso della foresteria.
La gestione è stata restituita all’Associazione almeno fino a giugno, e poi vedremo. Abbiamo chiuso il portone principale (mai fatto prima!) e affisso i cartelli di chiusura all’esterno, questo ci ha dato un po’ i brividi, e sembrato
surreale.
Abbiamo mantenuto centralizzati il servizio di spesa alimentare e la cucina comune, gestita da una sola persona alla volta. I gruppi familiari hanno preso il cibo per consumarlo nelle case private, per fortuna abbiamo spazi adeguati al benessere di tutti. Certo è stata un decisione molto sofferta, la prima volta in trent’anni, ma non abbiamo voluto rischiare e ci siamo adeguati.
La comunità non è riconosciuta legalmente come nucleo familiare allargato, c’è un progetto di legge in preparazione su questo tema, ma al momento verremmo considerati “assembramento” e quindi multati. Tutta la comunità ha partecipato alla decisione e l’ha sostenuta, trovando altri modi e momenti per mantenere vivo lo spirito che ci unisce (ad esempio sulla nostra chat interna e salutandoci dai terrazzi anche con i nostri amici del paese).
Quale è stato l'impatto che le restrizioni hanno avuto sull'economia della cooperativa? Quali gli aspetti negativi e quali quelli positivi e innovativi?
Un impatto enorme, il 1 marzo era il giorno dell’apertura al pubblico e siamo rimasti congelati.
Tutte le attività già programmate (il Festival di Primavera, i gruppi prenotati – trekking yoga pittori formazioni ecc.) sono state disdette a raffica, per quest’anno non credo che potremo lavorare, o molto poco. Il turismo è collassato in una settimana, e ci vorrà almeno un anno per recuperare. Un gran peccato perché avevamo in programma una stagione bellissima, ricca di eventi e gruppi, ci avevamo lavorato tantissimo anche grazie ai nuovi social sviluppati con Francesca e Tiziana.
Ogni giorno a mezzogiorno abbiamo mandato su FB dei video live per portare nelle case degli amici immagini di natura, serenità, cielo, al suono delle campane della chiesa, insieme a post e video su Instagram. Si è voluto mantenere attiva la rete creata con gli artisti del Festival utilizzando i canali social.
Ma vedere tutto sfumare di colpo ci ha lasciati attoniti, non ci siamo per niente ripresi dallo choc. La consapevolezza della nostra dipendenza da questo settore però ci ha stimolato a guardarci intorno e cercare alternative, e abbiamo proposto alla cooperativa sociale SPES di aiutarli nella gestione degli orti di Varase che riforniscono un grande gruppo di acquisto di circa 200 famiglie.
Con loro facciamo parte della rete Le terre di Confine, questa nuova proposta ci ha avvicinati ancora di più, è sostenuta con grande entusiasmo dalla nostra comunità. Ora facciamo tre turni settimanali nelle serre per coltivare le zucchine, partecipiamo in molti e ci dà piacere pensare che produciamo cibo buono, locale e biologico, e non solo per noi. In tanti ci stiamo dedicando al lavoro agricolo, non solo nelle serre ma anche negli ex orti tornati a coltura, il contatto con la terra rasserena, riempie le giornate di lavoro utile e anche di gioia per la natura splendida che ci circonda.
Le nostre bellissime galline hanno iniziato a dare uova tutti i giorni, curarle ci dà tanta soddisfazione, Daniel e Cristina sono bravissimi in questo.
Quali previsioni, anche solo ipotizzate, fa la Cooperativa per il futuro? Si vuole ancora aprire al turismo e se si come?
Già da tempo avevamo in programma di trasformare la cooperativa Ture Nirvane da produzione lavoro a cooperativa sociale, Massimo ha investito molte energie su questo e dopo mesi di preparazione finalmente il 21 maggio si va dal notaio (quasi tutti online!).
Il mondo del sociale ci rappresenta meglio perché siamo sempre stati a cavallo tra profit e non profit, e il settore del turismo di tipo commerciale non è adatto alle nostre esigenze, ci penalizza e ci snatura.
Questa trasformazione ci darà la possibilità di aprire nuovi settori di lavoro, come l’agricoltura sociale a pieno titolo, ma anche la gestione del territorio, l’offerta di servizi di vario genere, la valorizzazione dei prodotti locali. Assumeremo anche la denominazione di “cooperativa di comunità” per evidenziare il nostro ruolo storico di servizio sia alla comunità interna sia al territorio che ci circonda.
La Val Bevera nel corso degli anni ha perso tutti i bar, i ristoranti e i piccoli negozi, quindi tutti i luoghi di aggregazione sono spariti. Restano le feste estive organizzate in paese e qui da noi, le funzioni religiose e poco altro, vorremmo trovare il modo di rivitalizzare questa zona bellissima e così negletta.
Turismo futuro? Sì certo, riapriremo al pubblico ma non sappiamo ancora quando né come. Le normative sul distanziamento sociale rendono insensata la nostra offerta turistica, che si basa sull’incontro e la conoscenza tra persone.
Torri è un luogo di formazione e trasformazione grazie all’esperienza umana di condivisione di spazi, tempi, linguaggio e pensieri che va molto al di là di un convenzionale soggiorno turistico. Ciò che offriamo è entrare in contatto con la nostra esperienza di comunità sostenibile che in trent’anni ha trasformato un rudere in un gioiello, e lo mette a disposizione del mondo per stimolare i cambiamenti sociali in cui crediamo.
Ci siamo molto confrontati con gli amici della RIVE e abbiamo condiviso con gli altri ecovillaggi la grande importanza del nostro modello sociale, del radicamento nei territori, del lavoro collaborativo e dell’impegno ecologico. Da questa emergenza potrà emergere qualcosa di positivo, se tutti ci impegniamo in questo: i limiti della società consumista e individualista sono emersi in modo brutale, e noi sappiamo di rappresentare una possibilità alternativa che oggi, come non mai, sta attirando attenzione e consensi.
Sosteneteci in questo periodo difficile, stateci vicini, non perdiamo di vista!
Noi restiamo qui ben saldi, e aspettiamo con pazienza di poter riaprire il portone di casa per darvi il benvenuto nell’ecovillaggio.
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