Sono come una casa. Sono fatta di muri, pareti colorate, alcuni colori sono vivi e vibranti, altri ombrosi. Sono anche mobili, pensieri che mi piace spolverare. Sono piena di cianfrusaglie, cassetti di progetti e ricordi.
Spostare la mia casa e trovare un posto tra altre case è trovare un modo per essere nel borgo, indipendente e connessa allo stesso tempo. Ci sono nuovi gradini da collegare, porte da aprire, finestre che si affacciano su nuove viste. Che si fa? Spazio, apertura, collegamenti!
Inizio a togliere quello che non serve più, non sono più io. Comincia il travaglio. Mi aggiro per una casa che, in fondo in fondo, non ho mai osservato bene…da quanto tempo tengo lì quel vaso? E che contiene? Ancora più importante: so distinguere un muro portante da una parete divisoria? Cosa, se buttato giù, farà crollare tutto e cosa mi darà una prospettiva migliore?
Le macerie sollevano polvere antica. Nelle macerie mi sono sentita persa, disorientata.
Lì mi sono seduta, aspettando che la polvere si posasse nuovamente. Non avere fretta, né di distruggere, né di ricostruire. Nelle macerie c’è un passato con cui fare pace e, insieme, un potenziale di creatività. Posso utilizzare nuovo materiale. Posso capire se funziona.